Sulla via di Samarcanda. Le relazioni fra l'Italia e le Repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale by Matteo Pizzigallo & Alessandra Frusciante

Sulla via di Samarcanda. Le relazioni fra l'Italia e le Repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale by Matteo Pizzigallo & Alessandra Frusciante

autore:Matteo Pizzigallo & Alessandra Frusciante [Pizzigallo, Matteo & Frusciante, Alessandra]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bordeaux
pubblicato: 2014-11-23T23:00:00+00:00


Parte seconda

di Alessandra Frusciante

Capitolo quinto

Le relazioni fra Italia e Kazakhstan

Nell’estate del 2013 le relazioni fra Italia e Kazakhstan sono improvvisamente diventate oggetto di un’insolita attenzione mediatica. La vicenda che ha causato un simile interesse ha tutti gli affascinanti caratteri dell’intrigo internazionale: un blitz in una villa, servizi segreti, una donna avvenente e una bambina appartenenti ad una ricca famiglia di dissidenti politici sparpagliata in tutta Europa, l’odore del petrolio, una fitta rete di contatti e movimenti che fa rimbalzare, chiunque voglia provare a ricostruirne la storia, da Parigi a Londra, da Tel Aviv a Roma, quindi a Mosca e a Kiev, passando ovviamente per Astana.

Una storia complessa, non priva di molti punti interrogativi, ma che fin da subito appare, anche se con il beneficio del dubbio che si concede all’analista di fatti contemporanei, un tentativo di conciliazione, da parte del nostro Paese, tra gli interessi nazionali in Kazakhstan, principalmente di natura petrolifera e finanziaria, e l’impegno internazionale per la tutela dei diritti umani, e tra l’alleanza Occidentale (inclusa l’appartenenza europea) e le relazioni diplomatiche e commerciali che ci legano alla Russia e alle Repubbliche ex-sovietiche.

Un intrigo internazionale, che diventa immediatamente anche un caso mediatico, rappresenta l’occasione ideale per la ricostruzione della storia delle relazioni fra i due principali Paesi coinvolti.

Il Supremo Soviet del Kazakhstan dichiarò il Paese indipendente dall’Unione Sovietica il 16 dicembre 1991.

Lo stesso giorno i dodici Paesi della Comunità europea, attraverso la Dichiarazione di Bruxelles per le “Linee direttrici sul riconoscimento dei nuovi Stati in Europa orientale e in Unione Sovietica”, decidevano di subordinare il riconoscimento delle nuove Repubbliche al soddisfacimento di alcune condizioni, quali ad esempio: rispettare uno standard minimo di stato di diritto, di democrazia e diritti umani, garantire i diritti delle minoranze, riconoscere il principio dell’inviolabilità dei confini esistenti e accettare ogni impegno relativo al disarmo e al ricorso all’arbitrato.

Il 31 dicembre 1991, il Governo italiano riconosceva Armenia, Azerbaijan, Bielorussia, Kazakhstan, Moldavia, Turkmenistan e Uzbekistan, dopo aver già riconosciuto la Russia il 25 dicembre e l’Ucraina il 28 dicembre.

Quella del Kazakhstan fu l’ultima, più riluttante, tra le Repubbliche centro asiatiche, a staccarsi dalla madre Russia1; in primo luogo, perché fra tutte le Repubbliche sovietiche, era considerata tradizionalmente la più affidabile e la più leale a Mosca, soprattutto a partire dalla fine dello stalinismo2. In secondo luogo, il suo presidente Nursultan Nazarbayev, che aveva provato fino alla fine3 a far passare l’idea di ricostituire un’urss più “leggera”, aveva, non a torto, la ferma convinzione che il processo di nation building, in un Paese i cui confini erano stati tracciati dalla burocrazia sovietica negli anni Venti e Trenta, per giunta assolutamente privo di un bagaglio di esperienze da Stato moderno, poteva rivelarsi non solo difficile ma pericoloso e potenzialmente cruento.

L’intento del presidente kazako fallì proprio nell’incontro di Alma Ata4, il 21 dicembre dello stesso anno, quando le Repubbliche centro asiatiche aderirono alla Comunità degli Stati Indipendenti (originariamente costituita solo dalla Federazione Russa, dall’Ucraina e dalla Bielorussia) ponendo irrimediabilmente fine all’esperienza dell’Unione Sovietica. In quel momento, i leader



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